Focus on Vitamina D

Graziella Raiteri • feb 20, 2024

“Vello d'oro” o “Cavallo di Troia”?

 Vitamina D “link” fra diabete e obesità 

 Dott.ssa Graziella Raiteri 

La vitamina D rappresenta uno degli argomenti più studiati e discussi in tutto il mondo nel campo delle malattie ossee e del metabolismo minerale. Il metabolismo dell'ormone è stato ormai ampiamente chiarito, in particolare il ruolo dei differenti enzimi coinvolti, così come il ruolo dei metaboliti attivi e inattivi e del recettore per la Vit.D. L'evidenza della presenza del recettore per la Vit.D espresso in differenti organi e tessuti diversi dall'osso e la descrizione delle sue possibili funzioni, così come dei suoi determinanti genetici, ha portato a focalizzare l'attenzione sulla interrelazione fra laVit.D e molte funzioni fisiologiche e patologiche. Presi insieme questi dati hanno permesso di investigare meglio gli effetti pleiotrofici della Vit.D rivolti a diversi organi.In particolare diversi studi hanno descritto l'interrelazione fra l'ormone e il tessuto adiposo, considerando sia l'obesità come una condizione predisponente l'ipovitaminosi D, sia la Vit.D come un cofattore nella patogenesi dell'obesità. Un certo numero di studi hanno dimostrato che l'obesità, definita come presenza di BMI > 30 Kg/m, è associata a bassi livelli di 25OH D(1,2); uno studio genetico bidirezionale suggerisce che un BMI più elevato comporti più bassi livelli di 25OH D, accompagnandosi ogni aumento di unità in BMI a una riduzione del 1,15% della concentrazione di 25OH D, dato calcolato dopo l'opportuno aggiustamento per età, sesso, lotto di laboratorio e mese di misurazione(3), mentre la probabilità che un valore più basso di 25OH vit.D aumenti il BMI è verosimilmente molto bassa. 


Certamente non è ancora chiaro il meccanismo alla base delle basse concentrazioni di VitD nell'obesità e sono state avanzate diverse ipotesi: 

L'alto contenuto di grasso corporeo può agire come reservoir per la Vit.D liposolubile ed aumentarne il suo sequestro, determinando così una sua minore biodisponibilità. (3). Nei soggetti obesi è aumentata non solo la massa grassa ma anche quella magra, come risposta adattativa a un peso corporeo maggiore. In studi animali è stato dimostrato che la Vit.D viene immagazzinata per il 33% nel grasso e per il 20% nel muscolo(4), suggerendo che anche il muscolo potrebbe essere un altro reservoir di Vit.D nell'uomo. Studi di coorte hanno dimostrato che una percentuale aumentata di grasso corporeo e un alto indice di massa corporea(BMI) sono altamente e inversamente correlati con le concentrazioni sieriche di 25OHVit.D, particolarmente nei Caucasici(5, 6 ). Tuttavia studi recenti hanno evidenziato che quando le concentrazioni di 25OH Vit.D vengono corrette per la massa corporea, la biodisponibilità della Vitamina D non differisce tra individui normali e obesi, concludendo che il rilievo di ipovitaminosi D nell'obesità sia da correlarsi semplicemente a una diluizione volumetrica in individui di taglia più grande.(7 ) 

L'obesità è associata a una diminuita esposizione alla luce solare, diminuità attività esterna, abitudini di abbigliamento che limitano la sintesi cutanea di Vit.D( 8 )  La sintesi epatica della 25OH Vit.D potrebbe essere ridotta per la presenza di steatosi epatica( 9 ); in effetti molti obesi mostrano segni di una steatoepatite non alcolica.  Livelli più alti circolanti di leptina e di interleuchina 6, maggiormente secreti dal tessuto adiposo,possono avere un effetto inibitorio sulla sintesi della 25OHVit.D attraverso i loro recettori.( 10 ).

Certamente una differenza che caratterizza i soggetti obesi rispetto ai normali è la maggiore massa grassa e i ricercatori hanno focalizzato l'attenzione sulle possibili interrelazioni fra massa grassa e Vitamina D. 


L'adipocita è provvisto della 25 idrossilasi: questo rilievo può suggerire che un eccesso di adiposità si traduca in un aumento del catabolismo di un intermedio della Vt.D abbassando la concentrazione del substrato per la successiva tappa biosintetica che avviene a livello epatico.

Il recettore per la Vit.D(VDR) è altamente espresso negli adipociti ed è responsivo all'attivazione da parte della 1,25 OH D ( 11,12 ). E' risaputo che il VDR agisce legandosi a piccole particolari sezioni del DNA regolando l'espressione di determinati geni. E' ormai noto come il tessuto adiposo debba essere considerato un organo endocrino particolarmente attivo che secerne fattori eterogenei bioattivi chiamati adipochine(13). Esistono due tipi anatomicamente distinti di tessuto adiposo, il grasso bianco (WAT) e quello bruno (BAT) che derivano da differenti linee cellulari e che esercitano ruoli opposti sul metabolismo lipidico. Il grasso bianco immagazzina l'energia , mentre quello bruno la dissipa utilizzando i lipidi come carburante per la termogenesi. La produzione di calore in questo tessuto avviene per mezzo del disaccoppiamento della produzione di ATP dalla fosforilazione ossidativa nei mitocondri. Il disaccoppiamento è operato da specifiche proteine (UCP1/UCP2) che causano dispersione del gradiente protonico creato durante la respirazione cellulare. Le cellule adipose sono estremamente plastiche, capaci di espandersi rapidamente in grandezza e numero. Nell'obesità gli adipociti diventano più grandi, ma essendo alterati (aumenta per esempio la presenza di cristalli di colesterolo) si attiva l'infiammazione con una maggiore infiltrazione di macrofagi, si verifica uno stress ossidativo con formazione di inflammosomi, aggregati di molecole come la NLRP3 (NOD-like receptor family, pyrin domain containing 3 ) e la caspasi 1,l 'attivazione di enzimi specifici, che danno vita ad una forma particolare di morte cellulare programmata, la piroptosi, con conseguente stato infiammatorio cronico . In condizioni normali, inflammosomi e piroptosi aiutano l’organismo a difendersi da infezioni batteriche che hanno solitamente un decorso limitato nel tempo. Nel caso di una infiammazione prolungata e un eccessivo intervento del sistema immunitario, come accade con gli adipociti ipertrofici e l’accumulo di macrofagi, l’azione degli inflammosomi viene accentuata, soprattutto l’attività della caspasi 1 che influisce negativamente sulla secrezione di insulina, creando insulino-resistenza e diabete. Pertanto l'infiammazione del tessuto adiposo è ben riconosciuta come una componente chiave dei disordini metabolici quali la sindrome metabolica. Il tessuto adiposo secerne più di 260 differenti proteine/peptidi, tuttavia non sono ancora chiare le basi molecolari dell'interazione della 1-25OH Vit.D, delle proteine leganti la Vit.D (VDBPs) e del recettore nucleare per la Vit.D ( VDR) dopo il sequestro nel tessuto adiposo . E' noto che la 1-25OHVit.D e i suoi metaboliti inattivi inibiscono la formazione degli adipociti in topi 3T3 L1 cell.line. Negli uomini l'1-25OHVIt.D promuove la differenziazione dei preadipociti in colture cellulari; dati sperimentali suggeriscono che la vita.D regola il traffico del calcio nella beta cellula in vitro e in modelli murini(14, 15), ma vi sono forti evidenze anche di una sua modulazione di segnale intracellulare Ca mediato nell'adipocita, che promuove un aumento della lipogenesi e una dimunuzione della lipolisi, probabilmente attraverso 

l'inibizione della proteina disaccoppiante UCP2.(11-14 ). Alcuni dati sperimentali suggeriscono che la Vit.D potrebbe promuovere maggiormente l'adiposità, comportando un aumento del PTH, che può promuovere un afflusso di Ca nell'adipocita aumentando in tal modo la lipogenesi( 16 ).


Studi animali hanno dimostrato come alterando i livelli di VDR si possa alterare la produzione di grasso bianco e bruno, e quindi determinare cambiamenti nella spesa energetica. Topi alterati per l'azione della Vit.D (attraverso una delezione sul gene per il VDR o per il gene codificante la 1 alfa idrossilasi(Cyp271b1) perdono massa grassa a causa di un'aumento della spesa energetica,mentre topi con un segnale aumentato - VDR mediato nel tessuto adiposo diventano obesi. In topi con VDR distrutto nella capacità di dare segnale, la resistenza all'obesità indotta dalla dieta è causata almeno in parte attraverso l'aumento dell'espressione delle proteine uncoupling nel tessuto adiposo bianco. 

Recentemente (2013) è stato dimostrato che il recettore per la Vit.D, non la Vit.D, può regolare la termogenesi. In studi sperimentali con cellule umane adipose si è evidenziato che il recettore per la Vit.D (VDR) – non la vit.D stessa- può inibire un processo che vira gli adipociti in adipociti bruni ovvero in grasso metabolicamente attivo, inibendo l'espressione di un mediatore chiave del metabolismo energetico, la proteina disaccopiante UCP1, attraverso appunto il legame del VDR a uno specifico sito posto vicino al gene per l'UCP1. Questo processo risulta indipendente dalla Vit,D- nella forma di 1,25OHVit.D- legata al recettore. Questo dato suggerisce ( 17) implicazioni terapeutiche future: il goal sarebbe evitare che il VDR blocchi lo sviluppo del grasso bruno, senza interferire con la capacità del recettore di legare la Vit.D e di permettere la regolazione degli altri processi in cui è coinvolta, come l'omeostasi del calcio. 

Nei modelli murini la Vitamina D modula la sintesi e la secrezione di insulina( 18, 19). Sia il VDR che l'enzima 1 alfa idrossilasi sono espressi sulle cellule Beta pancreatiche e vi sono evidenze che supportano un ruolo della 1,25OHVIT.D nella regolazione della produzione e secrezione di insulina( 20).Tuttavia vi sono dati discordanti fra gli studi in vitro e in vivo. 


La ricerca suggerisce che il calcitriolo non agisce sul rilascio di insulina su cellule pancreatiche sane , ma agisce su quelle sottoposte a fattori stressanti come l'infiammazione o il deficit di Vit.D.(21 ). Uno studio ha randomizzato adulti con deficit di Vit.D per supplementazione di Vit.D, calcio o Vit.D e calcio:(22 ): quelli che avevano ricevuto Vit.D mostravano miglioramento della funzione Beta-cellulare a differenza di quelli che avevano ricevuto solo calcio. Viceversa uno studio cross-sectional ( 23 ) su adolescenti obesi non ha mostrato relazione fra 25OHVIt.D e insulino-sensibilità in vivo o funzione beta-cellulare in nessuno dei gruppi studiati( normale tolleranza glucidica versus prediabete versus T2DM). Questi risultati confondenti potrebbero essere attribuiti al fatto che la maggior parte dei partecipanti era carente di Vit.D: misurare la funzione cellulare dopo la correzione del deficit vitaminico potrebbe essere un ulteriore importante passo per comprendere il ruolo della Vit.D sulla secrezione insulinica. Inoltre, mentre è ben noto che la Vit.D è cruciale per il mantenimento delle concentrazioni extracellulari di Ca e che l'afflusso di Ca nella betacellula è necessario affinché si verifichi la secrezione di insulina, l'azione del VDR può giocare un ruolo più diretto nella secrezione insulinica indotta dal glucosio.( 24). Nei 

muscoli scheletrici, nel tessuto adiposo e nel fegato si è dimostrato che la 1,25OH VitD attiva direttamente la trascrizione del gene per il recettore dell'insulina umana e aumenta l'espressione del recettore insulinico( 25 ). Non vanno inoltre dimenticate le evidenze che mostrano come il recettore della Vit.D agisca sul metabolismo dei lipidi riducendo l'uptake del colesterolo LDL( 26), promuovendo la formazione delle particelle ad alta densità e regolando i livelli dell'APO -A, entrambi importanti nel contribuire ad aumentare il trasporto del colesterolo e migliorare in generale il profilo lipidico.(26, 27) La cronica infiammazione che accompagna l'obesità porta all'iperinsulinemia, Insulinoresistenza ed eventuale disfunzione/morte della beta-cellula. Queste conseguenze sono veicolate dall'aumentata produzione di citochine infiammatorie, chemochine e adipochine da parte delle immunocellule ,quali macrofagi e dagli adipociti. Vi sono evidenze che mostrano come il calcitriolo sia un potente immunomodulatore e determini infiammazione sistemica in diversi modi: lo stato quantitativo di Vit.D è inversamente associato con diversi biomarcatori pro-infiammatori che sono associati con lo sviluppo dell'IR come il TNF(tumor necrosi factor),interleuchina 1 beta., IL2, IL6 e interferon gamma. Migliorando lo stato vitaminico D diminuisce pertanto l'infiammazione generale ( 28 ), 29). Belenchia (2013) ha dimostrato che correggendo lo stato vitaminico D di adolescenti obese si produce un attenuazione dell'IR in modo similare rispetto all'uso terapeutico della metformina.( 30) In letteratura è riportato che la metformina riduce lo score HOMA-IR di circa 2 unità( 31 ); nello studio di Belenchia la Vit.D diminuisce l'HOMA-IR score di circa 1,5 unità e il miglioramento nell'IR è stato indipendente dal cambiamento del peso corporeo e senza gli effetti collaterali della metformina. 

Evidenze suggeriscono che la Vit.D stimola indirettamente la produzione di adiponectina attraverso la sua azione di interazione con il recettore PPARγ( peroxisome proliferator-activated receptor) e ha un forte effetto stimolatore sulla produzione di adiponectina ( 32, 33 ). L'adiponectina è un'adipocitochina che è secreta esclusivamente dal tessuto adiposo in risposta all'insulina. Come per la 25 OH Vit.D , in adolescenti le concentrazioni della molecola sono state rilevate inversamente proporzionali alla massa grassa e associate sia con IR che con l'alterato metabolismo del glucosio (34 , 35).Inoltre, l'adiponectina ha un effetto insulino-sensibilizante su tessuti periferici quali il muscolo e il tessuto adiposo, così come effetti regolatori sulla gluconeogenesi( 36). 

Ruolo del deficit della Vitamina D nell'incidenza del diabete mellito , della sua progressione e delle complicanze. Il pancreas rappresenta uno degli organi bersaglio non classici in cui sono stati identificati i VDR. Sebbene sia stato ampiamente dimostrato un ruolo di 1,25(OH)D3 nel potenziamento di secrezione e azione insulinica, il meccanismo con cui questo avviene rimane sconosciuto. Oltre a modulare il rilascio insulinico, sembra che la vitamina D, legata alla calbindina, sia in grado di proteggere il pancreas dalla distruzione s-cellulare mediata dalle citochine. Tali scoperte potrebbero avere importanti implicazioni terapeutiche, sia nel prevenire la distruzione s-cellulare pancreatica nel diabete di tipo 1, che nell’incrementare la secrezione insulinica nel diabete di tipo 2. La scoperta della presenza dei VDR nelle cellule del sistema immunitario e l’accertata produzione di 1,25(OH)2D3 da parte delle cellule dendritiche attivate, hanno reso concreta l’ipotesi che la vitamina D possa avere fisiologicamente proprietà immuno-regolatorie.

In studi su umani le evidenze per una possibile associazione fra Vit.D e diabete sono più forti per il diabete tipo 2 e sono meno disponibili quelli riguardanti il tipo 1. Inoltre le evidenze circa il tipo 2 derivano quasi esclusivamente da studi osservazionali, che possono essere confusi da vari fattori, per cui questi studi non permettono di dare una chiarezza in termini di causa ed effetto. Allo stato attuale i seguenti dati sono sufficientemente supportati: 


  • Ridotti livelli di Vit.D aumentano il rischio di sviluppare il diabete( 37) 
  • Studi retrospettivi e osservazionali mostrano un'alta prevalenza di deficit di 25OH vit.D in soggetti affetti da Diabete mellito Tipo 1, collegato a variazioni alleliche del VDR.(38)( 39) 
  • Supplementazione durante la gravidanza e precocemente nell'infanzia riduce il rischio del diabete autoimmune(40). 
  • Bassi livelli di Vit.D sono associati alle complicanze del DM tipo 1( 41) 
  • Livelli più alti di Vit.D prevengono il Diabete tipo 2( 42 )


Le complesse interazioni biochimiche fin qui esposte fra tessuto adiposo e Vit.D in vitro sostengono la domanda ancora aperta se l'ipovitaminosi D di per se stessa possa contribuire all'obesità o inibire la perdita di peso in vivo.Alcuni studi hanno evidenziato che la Vit.D , con o senza Calcio, non ha un effetto definitivo sul peso, ma che potrebbe avere un effetto sulla massa grassa e sulla sua distribuzione, aumentando la riduzione del grasso viscerale rispetto ai controlli.( 43) .Questo effetto è stato riscontrato quando il livello della 25OHVit.D era meno di 50 nmol/L, e non quando era al di sopra di questa soglia( 44 ); pertanto questo dimostrerebbe che non vi sarebbero effetti aggiuntivi dando supplementi di Vit.D a chi non è insufficiente. Vi sono numerose problematiche metodologiche che rendono difficoltosa l'interpretazione dei dati desunti dagli studi clinici: l'aderenza all'intervento in prima battuta, in quanto alcuni studi adottano un approccio “intention-to-treat, ma in effetti riscontrano un basso livello di aderenza( 45) ; l'uso di diverse non standardizzate dosi di Vit.D, alcune nel range terapeutico, altre sovradosate; in ultimo, ma non meno importante, la lettura e la comparazione degli studi sono ostacolate dalla estrema eterogeneità dei cut-points che definiscono lo stato di insufficienza/deficienza della vitamina stessa. Ancora irrisolta rimane la questione inerente a quale dose di Vit.D si dovrebbe usare nei soggetti obesi per ripristinare le scorte e come mantenere normali i livelli della vitamina dopo averli integrati. Le linee guida della IOM (The Institute of Medicine) suggeriscono che non vi sia alcuna evidenza di un effetto sulla salute dell'osso aumentando l'introduzione di Vit.D oltre il necessario in persone non obese oppure alcun effetto su altre condizioni di salute tra le persone obese( 46), mentre le linee guida della Società di Endocrinologia consigliano di usare da 2 a 3 volte il dosaggio di Vit.D comparato per gruppo di età nelle persone obese per soddisfare la loro maggiore richiesta in base al corpo.( 47). Queste conclusioni sono supportate da un recente studio che usa sette dosi di Vit.D3( da 400 a 4800 UI/d) che dimostra come la risposta alla supplementazione di Vit.D sia dipendente dalla taglia corporea. Dopo la supplementazione di Vit.D., tutte le donne obese hanno 

raggiunto adeguati livelli di 25 OH Vit.D, ma le donne con BMI <25 KG7m hanno raggiunto con la stessa dose livelli più alti della vitamina , dimostrando che “one size does not fit all”: la dose dipende dalla soglia di vitamina ottenuta e dalla taglia corporea.(48) Comunque, se il goal è agire sul numero delle comorbilità che comunemente sono associate all'obesità, nelle quali si ritiene che l'insufficienza della Vit.D giochi un ruolo, quali il diabete tipo 2, le malattie cardiovascolari, l'ipertensione, è probabile che la dose necessaria per influenzare queste comorbilità possa essere differente da quelle necessarie per sopprimere il PTH( 48).E' stato evidenziato che il PTH è soppresso a livelli più bassi sierici di 25OH Vit.D in donne obese rispetto a quelli della popolazione generale( 49). E' possibile che esista un differente set-point nella relazione fra calcio/PTH nelle obese, come dimostrato da un'esagerata risposta del PTH all'ipoglicemia indotta rispetto alla risposta di soggetti normali. L'eziologia di quanto detto sopra non è nota, così come è incerta la dose richiesta per influenzare le comorbilità con l'obesità.Valutando l'effetto della supplementazione di Vit.D sulla glicemia in obesi , 1000UI/d non hanno avuto effetto, mentre dosi di 4000 fino a 10.000 UI/d hanno dato beneficio(30); nell'ipertensione un'alta dose (15.000 UI/d) in pazienti ipertesi obesi riduce l'attività del sistema reninaangiotensina(50 ). Invece Jorde et al. hanno dimostrato che 40.000 IU alla settimana non hanno effetti positivi su tolleranza glucidica, pressione arteriosa o livello di lipidi nel siero di un campione di soggetti con livelli basali sufficienti di Vit.D(51) Questo lavoro enfatizza nuovamente il dato che solo i paz. con insufficienti livelli di Vit.D potrebbero trarre beneficio dalla supplementazione , con un dosaggio che dovrebbe essere più alto di quello necessario per portare allo stato sufficiente di vitamina D o per sopprimere il PTH.


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Autore: Graziella Raiteri 26 feb, 2024
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